“Carpe-diem amico mio, non sprecare occasioni!”
La paura di perdere un’occasione si radica nel nostro DNA molto lontano nella nostra storia di esseri umani, quando lo scopo principale era sopravvivere, e l’incertezza uno stato d’animo costante nella vita delle persone. Si tendeva ad evitare ogni piccola perdita, ogni spreco; tutto era essenziale al fine di non generare ripercussioni che potevano essere anche molto gravi per la sussistenza.
Pensando al mondo attuale dove le opportunità, l’abbondanza – e purtroppo il conseguente spreco di risorse – rappresentano la “normalità”, è difficile credere che questa primitiva paura della perdita possa ancora oggi condizionare milioni di persone nelle piccole o grandi scelte quotidiane che fanno, ma indovina? É proprio così!
Logico o irrazionale?
“Ogni individuo agisce seguendo dei modelli comportamentali predeterminati, anche in condizioni di incertezza”. Forse non la conoscevi, questa è la “Teoria dell’Utilità Attesa”, elaborata nel 1947 dagli economisti John Van Neumann e Oskar Morgenstern, un modello che è stato per lungo tempo di ispirazione.
Oggi è ben chiaro – ed è stato anche scientificamente provato – che la realtà dei fatti, o meglio dei pensieri che ci condizionano, non è proprio questa. Quando siamo messi davanti ad una scelta importante da compiere, infatti, la nostra mente “prende delle scorciatoie” e viene letteralmente condizionata da alcuni fattori: “entra in gioco” il bias-cognitivo della perdita.
La paura di prendere decisioni sbagliate – la stessa che il nostro cervello scatena di fronte ad un reale pericolo per la nostra incolumità come potrebbe essere un leone famelico che ci osserva minaccioso – agisce anche di fronte a situazioni solo potenzialmente pericolose, come ad esempio il dover compiere una scelta che impatterà sul nostro futuro. Il nostro cervello sa bene che ogni scelta porta con sé il doppio seme del guadagno a fronte di una qualche perdita, e ricordi? Il nostro DNA non va molto d’accordo con il perdere qualcosa!
Il bias-cognitivo della perdita lo potremmo quindi concepire come un errore percettivo, tendenzialmente ci porta a considerare più importanti le privazioni che i successi derivanti dalle nostre scelte: ti suona familiare per caso? Potrebbe sembrarti illogico ma funzioniamo proprio così fin dai tempi in cui eravamo dentro alle caverne. É stato provato che l’emozione di dolore per la perdita di “x”, viene percepita il doppio più intensamente dell’emozione di gioia che proviamo nell’aver guadagnato “x” – nonostante, matematicamente, i due valori siano identici.
Alcuni fattori possono tuttavia influenzare questo nostro atteggiamento naturale:
- il contesto sociale – inteso come relazioni, atteggiamenti, condizionamenti emotivi esterni
- il contesto economico – intesto come possibilità, capacità materiali di sopportare una perdita
- il contesto culturale – intesto come conoscenza ed insieme delle credenze sviluppate dal singolo individuo.
I campi in cui trova applicazione la teoria di avversione alla perdita sono molti, primi fra tutti economici e finanziari, ed hanno portato allo sviluppo di intere campagne promozionali delle grandi multinazionali basate sul neuro-marketing – il marketing delle emozioni, spesso non utili, come la paura della perdita, per l’appunto.
… realizza i tuoi sogni!
Da quanto ti ho raccontato fino ad ora, ti sarai fatto un’idea più chiara di “come funzioniamo” in certi contesti decisionali, e se da un lato concordo con te che il bias-cognitivo della perdita può preservarci dal compiere scelte azzardate e proteggerci addirittura dal dolore, dall’altro lato ti invito a porti questa domanda: a che prezzo? La risposta immediata, purtroppo, è al prezzo dei tuoi sogni.
Il segreto, una volta capito questo processo mentale come funziona, sta nell’imparare a riconoscerlo e ad usarlo a nostro vantaggio quando la situazione davvero lo richiede. Iniziare a pensare al nostro futuro – quindi alle nostre scelte – come ad una realtà dove non corriamo realmente troppi rischi, è un primo grande passo per condurre una vita di soddisfazione. Ma è solo il primo da compiere….
«Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.
Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l’autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto.
Thoreau dice “molti uomini hanno vita di quieta disperazione”. Non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno!»
Professor Keating – L’attimo fuggente – 1989